La guerra a casa

Posted in: comunicato stampa
Tags:

“La guerra a casa”

Perché nessuna guerra sia “normale”.
Perché nessuna donna debba più morire per mano del proprio amore. Un libro emozionante che ci invita ad agire.

La storia vera, scritta con mano ferma, di una tragedia vissuta da vicino che si tramuta in un atto di amore estremo e in un impegno concreto e positivo perché la “guerra a casa”, la violenza sulle donne, il femminicidio non siano più ineluttabili.

Il 9 luglio 2013 una telefonata sveglia Damiano Rizzi, presidente dell’Ong Soleterre, nel cuore della notte, mentre è a Roma per “salvare il mondo”. “A casa – è successo qualcosa di terribile. La sorella di Damiano è stata uccisa dal marito. È arrivata la guerra a casa”.

Il filo del racconto si spezza. Damiano ne riprende il bandolo dal principio, dalla sua vita “prima” di quella telefonata: racconta – alla sua famiglia, a sua sorella e a tutti noi – le guerre “lontane” di cui è stato testimone in Bosnia, Kosovo, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana, Centro America, Ucraina. Le bambine soldato della Costa d’Avorio, gli amputati della Sierra Leone, le donne trucidate in Guatemala, l’Ucraina vissuta con Andy Rocchelli: conflitti tutti differenti per i loro moventi aberranti – potere, diamanti, denaro – ma simili nei meccanismi e nelle conseguenze: la morte di persone innocenti.

Ma il dolore degli altri, sia sa, “è un dolore a metà”. La guerra però arriva a casa e poi dentro di noi. Damiano torna al presente e scopre che vivere sulla sua pelle l’assassinio di Tiziana è un dolore intero: scopre l’indifferenza di alcuni “professionisti”, la noncuranza del sistema giudiziario, scopre soprattutto che in Italia il fatto che ogni tre giorni una donna sia uccisa da un uomo, spesso il marito, il compagno, l’amante, è considerato “normale”. Proprio come la guerra o la diseguaglianza tra ricchi e poveri.

Damiano ha parole forti per questa normalità: la chiama “morte”. Ci chiede di ribellarci, adesso. Perché l’indifferenza uccide. Decide di fondare “Tiziana vive” una rete contro la violenza nei confronti di donne e bambini il cui obiettivo principale è quello di portare alla luce, dare voce e rispondere in modo concreto a una richiesta di aiuto psicologico che spesso rimane silente.

Un libro di drammatica bellezza e di speranza che si legge come un romanzo e lancia un forte messaggio. Scrive Damiano nel finale: “Ho capito ancora meglio – se ce n’era bisogno – che cosa vuol dire salvare una vita umana o perderla. È l’unico motivo di vita. Ho la forza delle vittime. Che o si arrendono o lottano. Non c’è modo di arrendersi, di rassegnarsi. Voglio andare avanti. Per salvare ancora una vita umana. Non tutto è ineluttabile. Voglio lasciare un pensiero che funzioni: sennò perché mandare avanti la specie? Vorrei fare qualcosa di utile per me e per gli altri.”

Con un intervento di Serena Dandini, autrice di “Ferite a morte” e con un contributo sul tema del femminicidio di Simona Lanzoni, vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus. Vauro Senesi racconta la genesi del logo dell’associazione “Tiziana Vive” a cui sono devoluti i diritti del libro.

“La guerra a casa” di Damiano Rizzi, 144 pagine, 14 euro (Altreconomia edizioni)

Tiziana Vive Onlus realizza progetti e attività volti a contrastare il fenomeno della violenza di genere e di qualsiasi altra natura essa sia.

L’autore

Damiano Rizzi (Milano, 1972) è laureato in Scienze Politiche e in Scienze Psicologiche, è fondatore e presidente di Soleterre, una Ong la cui missione è innalzare gli standard di vita dei poveri della terra nei luoghi dimenticati, le “terre sole” (www.soleterre.org). Ha coordinato progetti di sviluppo umano in 15 diversi Paesi del Sud del mondo. Per le iniziative a favore dei bambini poveri e malati di cancro in Ucraina ha ricevuto con l’associazione Soleterre, la Targa d’Argento della Presidenza della Repubblica italiana. Nel 2013 ha fondato con altre persone l’associazione “Tiziana Vive”, rete contro la violenza nei confronti di donne e bambini.

Un brano della prefazione di Serena Dandini

Quando ho finito di leggere il libro di Damiano Rizzi ho subito pensato che avesse un grande valore simbolico. Che cogliesse non solo gli aspetti pratici ma anche la questione filosofica di questo dramma. In questo libro c’è il contrasto netto tra la sua sensibilità di uomo – tanto è vero che il suo lavoro è proprio portare conforto in Paesi “dimenticati” e sconvolti dalla guerra – e la consapevolezza di non essersi accorto, non è certo scontato, che in corso c’era un altra guerra vicino, anzi dentro a casa sua. Questo libro è – drammaticamente – la fotografia del presente.

Il femminicidio e la violenza sulle donne sono eventi che – nonostante il tempo che è passato e tutti i cambiamenti nella nostra società – definiamo ancora come delitti d’impeto, il momento di follia, il “raptus”. Purtroppo invece sono quasi sempre dei delitti annunciati, figli della mentalità patriarcale di cui è intriso tutto il nostro Paese. Lo dicono le statistiche. Gli assassini non sono quelli che forse l’ignoranza ci faceva additare: persone poco istruite, in condizioni economiche poco agiate, migranti. Sono invece persone colte e meno colte, di età e provenienza geografica diversa, giovani o vecchi, del Nord e del Sud, che in comune hanno una concezione della donna come un oggetto di possesso a cui si può comandare: tanto che se una donna non risponde più agli “ordini” o vuole una

vita propria non ha più diritto di esistere. Si può uccidere.

L’incipit del libro

Il prima e il dopo

Roma, 9 luglio 2013
Sono le 5.00 del mattino.
Il telefonino suona. Mi sveglio.
Non sono nel mio letto. Sono a Roma per salvare il mondo. Anzi, sto tramando per il bene del mondo. La Ong di cui sono presidente si chiama Soleterre, è nata 11 anni prima. Io lavoro per curare e salvare persone che non conosco e forse non conoscerò mai. Non si fa il cooperante perché si conosce un individuo, ma perché si ha ben saldo un principio. Il rispetto per la propria vita passa per il rispetto della vita degli altri e dei loro diritti.
I diritti umani vanno applicati ovunque nello stesso modo, perché se no da diritti si trasformano in privilegi. E chi non ha diritti muore. Questo penso.
Mi curo di esseri umani che non hanno nulla, spesso nemmeno un nome. Sono qui per questo, eppure dormo nel quartiere Prati, ho un appuntamento in RAI di primo mattino, dove la città eterna è un negozio aperto. Luci di insegne Zara, Tezenis, Energie, Tommy Hilfiger, Foot Locker…

Ma nella stanza è buio e il telefono insiste. La suoneria è un’antica canzone partigiana “Guardali negli occhi”, ripresa dai CSI, “Il bersagliere ha cento penne… e l’alpino ne ha una sola, il partigiano ne ha nessuna e sta sui monti a guerreggiar”.
Questa suoneria l’avevo messa sul mio telefono in memoria della mia prima laurea in Scienze politiche. La suoneria mi ricordava quella canzone cantata stonata con altri ragazzi, un po’ con paura un po’ con fierezza. Prima e dopo la laurea era uno spartiacque. Ma questa telefonata era il crinale un prima e un dopo ancora più forte. Perché, se qualcuno ti chiama alle 5 del mattino è successo un fatto drammatico, non c’è dubbio.

Tiziana Vive Onlus realizza progetti e attività volti a contrastare il fenomeno della violenza di genere e di qualsiasi altra natura essa sia.

Guardo il numero. È mia madre. Mi metto seduto.

Quando stai dormendo c’è una parte di te che non sta vigilando sulla realtà. Poi un suono, un gesto, una carezza o una mano ti avverte che è successo qualcosa. Ma non è la coscienza ancora, è solo uno stimolo animale, una risposta al pericolo.
Pronto? Mia madre mi chiama alle 5 del mattino. È successo qualcosa. A chi? A lei?

Chiedo “che cosa”. Mia madre me lo dice. Le chiedo dov’è. Con chi è. Mi preoccupo di lei. C’è qualcuno con te? Sei seduta? Sei al sicuro?
Mi dice: “Tu non ci sei. Vieni subito. Abbiamo bisogno di te”.
Sono in piedi.

Il finale e la nascita di “Tiziana Vive”

È cambiata la mia vita.
Non posso più viaggiare nella prima linea delle guerre. Ho un altro fronte aperto. Una famiglia speciale. Voglio trascorrere tempo utile con loro.
Il mio lavoro è cambiato: c’è una maggiore consapevolezza. Ho capito ancora meglio – se ce n’era bisogno – che cosa vuol dire salvare una vita umana o perderla. È l’unico motivo di vita. Ho la forza delle vittime. Che o si arrendono o lottano. Non c’è modo di arrendersi, di rassegnarsi. Voglio andare avanti. Per salvare ancora una vita umana. Non tutto è ineluttabile.
Voglio lasciare un pensiero che funzioni: sennò perché mandare avanti la specie. Vorrei fare qualcosa di utile per me e per gli altri. Ma non è questione di essere “buoni”. Se mai di non giustificare mai i silenzi, gli atteggiamenti bizzarri, le dipendenze latenti, come l’alcol. Il livello personale e politico si intrecciano. L’OMS dice che la salute è uno stato di benessere psico-fisico: ma in Italia in alcuni ospedali in cui interveniamo con Soleterre non esistono le condizioni per fare psicologia: contratti di lavoro trimestrali retribuiti meno di 1.000 euro lorde al mese. Negli ospedali pubblici italiani. Siamo all’anno zero da questo punto di vista. Perché le famiglie non possono assolvere tutti i compiti. Si può fare a meno dell’istinto ferino e controllare gli istinti se si viene guidate da persone competenti.
Gli impulsi prevalgono quando viene meno la possibilità di parlare con se stessi, di educare il proprio pensiero e quella di gestire le situazioni a parole anziché con gli atti.

È molto importante che il figlio di mia sorella o mia figlia leggano questo libro: la “versione di Damiano”.
Voglio che sappiano che Tiziana era una persona che voleva vivere, che non ha mai rinunciato a partecipare a quello che facevo, convegni, mostre, esibizioni, che era una donna sensibile, che voleva bene agli altri e si è sentita amata. Una donna speciale. Che viveva per vedere crescere suo figlio. Voglio che sappiano che è cresciuta in un ambiente dove siamo stati educati ad amare anche chi non conosciamo. A non nascondere questo amore e a lottare per vederlo trionfare.

Tiziana era una bella persona, il suo sorriso è ancora cosa viva.

La rete “Tiziana Vive” è una call to action, un invito ad agire e reagire. Mi auguro che possa contribuire a salvare delle persone (e anche me). Ci si salva – infatti – rispondendo in primis alle domande che “Tiziana vive” pone. È il primo gradino per salvarsi.
Mia sorella – come molte altre donne – non aveva la piena consapevolezza della propria situazione. Non aveva mai denunciato violenze, e non viveva una relazione in cui la violenza fisica era evidente. Ma certamente non si era mai posta il problema. La prevaricazione e il dominio si può esprimere a parole prima, e poi con i “fatti”.

“Tiziana vive” cerca di essere una risposta. Non si deve dare nulla per scontato. Si deve mettere in discussione tutto. “Tiziana vive” offre in primis – come si diceva – un decalogo per farsi venire dei dubbi, per interpretare i segnali che possono arrivare dal proprio partner. Un’“introspezione familiare” dura ma necessaria.

Tiziana Vive Onlus realizza progetti e attività volti a contrastare il fenomeno della violenza di genere e di qualsiasi altra natura essa sia.

IL DECALOGO

• Sento che il mio rapporto di coppia non è paritario? Il mio partner cerca di prevaricarmi o dominarmi, sia a parole che con le azioni?
• I suoi sogni e progetti sono sempre più importanti dei miei?
• Non mi rispetta e mi denigra anche davanti agli altri?

• Giudica negativamente e offensivamente i miei amici e familiari? Cerca di isolarmi da loro? • È eccessivamente geloso? Mi controlla? A volte mi sento come “soffocare”?
• Diventa improvvisamente violento e poi si comporta come nulla fosse successo?
• Cerca di darmene la colpa?

• Mi è capitato spesso di “coprire” il suo comportamento facendolo apparire migliore di quanto sia in realtà?
• I miei comportamenti risultano ai suoi occhi provocatori?
• Tutto questo succede anche davanti ai bambini?

Se hai risposto “si”, per te o per qualcuno che conosci, non sottovalutare il pericolo che tu e le persone a te vicine state vivendo.

Torno spesso con la mente al messaggio in cui raccontavo a mia sorella della festa indiana e della promessa di proteggere la propria sorella. Mi dico spesso “se solo avessi fatto…”, è un meccanismo inevitabile. La mente torna sempre lì. La cosa a cui tengo di più è che tutta questa sofferenza possa servire a salvare qualcun altro.

Mi piacerebbe che Tiziana fosse un nome ricordato perché diventa possibilità di vita. Penso che allora mia sorella e la sua timidezza potrebbero trovare pace.
Sogno un vero e proprio movimento civile. Perché non è normale che ogni tre giorni una donna venga uccisa. Perché la prima causa di uccisione nel mondo delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio per violenza subita da parte di persone con cui hanno relazioni affettive e di intimità. “Tiziana vive” risponde a questa ingiustizia con una rete internazionale che supporta le donne e i bambini per uscire dalla violenza: 6 organizzazioni che operano in Italia, psicologi, psicoterapeuti, legali, due case di protezione mamma-bambino vittime di violenza e uno sportello antiviolenza online.

Ognuno di noi può fare tanto. Basta smettere di pensare che gli eroi abbiano le caratteristiche speciali in quantità così abbondanti che li differenziano da tutti noi. È con questa idea che siamo cresciuti. È una visione conformista che non possiamo più permetterci.

Iniziamo adesso.
In pochi mesi già tre ragazze ce l’hanno fatta. Grazie a “Tiziana Vive” hanno lasciato il loro compagno violento.
3-1 per noi.

Ufficio stampa

Francesca Papetti
e-mail: f.papetti@gmail.com cell. 347.4410906

Tiziana Vive Onlus

presso Casa della Salute Rita Levi Montalcini Piazza Marconi 19, 27015 Landriano (PV)
cell. 340.8133077
e-mail: info@tizianavive.org – www.tizianavive.org

Tiziana Vive Onlus realizza progetti e attività volti a contrastare il fenomeno della violenza di genere e di qualsiasi altra natura essa sia. 

Share

There are no comments published yet.

Leave a Comment

Change this in Theme Options
Change this in Theme Options